Questo lo scrivo per me. Di nerd c’è poco. E non fa neanche ridere.

E’ passato un po’ di tempo dall’ultimo post. Il fatto è che non mi andava proprio di scrivere. Non per lo scrivere in sé, ma per il fatto che mi ero messa in testa che in queste storie avrei dovuto mantenere un tono allegro. E io, il tono allegro non ce l’avevo proprio. E poi perché pensavo di stare rigida sul mio nerd che fa il matto, ma in questa settimana il mio nerd è stato un angelo, e mi è stato vicino come non si può immaginare. Ma poi ho pensato che avevo bisogno di un posto dove buttare fuori le cose, altrimenti sarebbe stato peggio. E questo è il posto.

La settimana scorsa mi è successa una cosa brutta. Nella mia famiglia è venuta a mancare una persona molto vicina, e questo ha reso le cose un po’ complicate nel mio cervello.

Questa persona è, perché anche se non c’è più lei lo resterà sempre, mia zia. La mia unica zia. La sorella della mia mamma. È mancata dopo lunga malattia, come si dice, ma questo non vuol dire un bel niente. Quando succedono queste cose, tutti hanno qualcosa da dirti per spiegarti come dovresti sentirti. Io, onestamente, non so come cazzo facciano loro a sapere come sto, visto che non lo so neanche io. Quello che so, è che pensavo di passarci attraverso in maniera molto più “light”. E invece no. E invece mi vengono domande su domande. Mi fermo senza un motivo a pensare, in mezzo alla strada o sul treno. A pensare a come mi sento, e giuro che non lo so.

Lei non era una zia di quelle che senti tutti i giorni (visto che non sento tutti i giorni neanche mia mamma, alla fine) e quindi non è che la sua assenza si percepisca nella quotidianità. E’ un più un concetto di assenza assoluta… come se si fosse spostato qualcosa nell’orizzonte ma ancora non riuscissi a focalizzare bene cos’è, anche se so che è sbagliato quello che vedo o quantomeno è diverso da prima, e mi ci devo abituare.

È un po’ come quello che mi immagino possa essere l’effetto di un’onda gravitazionale. Sarà sbagliato a livello scientifico, ma quando me l’hanno spiegato io mi sono immaginata una cosa così e mi è rimasta impressa quella. Ho immaginato che l’arrivo di un’onda di quel genere, creasse un effetto di questo tipo, cioè come se tutto quello che vediamo, che siamo, che respiriamo improvvisamente andasse fuori asse per un istante, e poi tornasse al suo posto, ma con qualcosa di minimamente diverso da prima, qualcosa che facesse si che tutto fosse diverso da prima.

Io sono diversa da prima. Adesso io ho la percezione più netta di essere a mia volta zia, di una nanetta che ha 6 anni. E non ho idea di cosa sia essere zia in maniera diversa da come lo è stata la mia zia con me. Ma vorrei che mia nipote non scoprisse sono all’ultimo che sua zia le vuole bene. E neanche scoprisse così tardi di volerle bene. Vorrei che tutto fosse più facile. Più diretto. Più umano.

Negli ultimi giorni, mentre si stava al suo fianco, i parenti parlavano di me come di quella che “è tanto impegnata con il lavoro… sai lei fa un lavoro complicato…” e io mi domandavo chi fosse la persona di cui parlavano… cosa pensassero veramente di me… Perché io, di me, pensavo che non mi piaceva essere quella con la “giustifica”. Perché la giustifica ti rende inutile. Avrei preferito non avere giustifiche ed essere utile.

Alla fine, ma proprio alla fine, lo sono stata. E per questo sono grata. Ho potuto salutarla, e lei ha potuto salutare me.

E quando poi, nei giorni successivi, siamo stati ad aspettare il momento di salutarla definitivamente, mi sono resa conto di una cosa. Forse avrei dovuto parlare di più con lei perché, quando ormai era troppo tardi per chiederglielo direttamente, ho capito che lei deve essere stata una nerdwife ante litteram, e forse avrebbe avuto un bel po’ di cose da raccontarmi. E l’ho capito mentre, all’ennesimo squillo del cellulare di mio zio per le condoglianze dell’ennesimo parente, mi sono ricordata che a lui non serviva che gli corressi dietro per portargli il telefono, perché per la scorsa Epifania la zia mi aveva chiesto di comprarle uno smart watch per lui. E io, con l’aiuto del mio nerd, che se facevo da sola gli prendevo una cinesata vergognosa, gli ho preso un bel “Gear qualcosa” di Samsung. Mio zio ha 73 o 74 anni, non so di preciso. E rispondeva ai messaggi di condoglianze dal suo bell’orologio. Quando me ne sono resa conto, mi si è allargato un sorriso pensando a quante me ne avrebbe potute raccontare la zia… se solo gliele avessi chieste.

Ho deciso di scrivere queste cose perché scrivere mi aiuta a mettere in fila i pensieri, a dare un ordine. Quando le cose hanno un ordine, le capisco meglio e, un pezzo per volta, le risolvo.

 

 

 

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