Sapete cos’è un beta test? Io non lo sapevo fino a qualche anno fa, devo ammetterlo. Se voi lo sapete, bene. Se no, ecco: il Beta test, sostanzialmente è la seconda fase di verifica prima del rilascio di un nuovo software, o per esteso, di un nuovo apparecchio tecnologico che usa il suddetto nuovo software. E come si fa? Diciamo che la fase Alfa se la smazzano i programmatori e i tecnici del sofware in laboratorio. Quando per loro funziona tutto, si rilascia una Versione Beta e si lancia un Beta Test, che procede con questo concetto: “Noi l’abbiamo fatto che funziona, e qui non l’ha ancora rotto nessuno. Proviamo a lanciarlo nel mondo reale, e vediamo se qualcuno riesce a romperlo.” Chiaramente, come sempre, io romanzo un po’, e i ‘Beta tester’ non è che devono romperlo, ma devono usarlo nella vita vera e applicare quelle variabili randomiche che dovrebbero far emergere dei bug che nella fase di laboratorio non erano emersi, comunicarli agli sviluppatori e collaborare alla definitiva versione del programma che dovrebbe essere privo di problemi. Diciamo che fixano i bug. Mi annoio solo a scriverlo.
E cosa c’entra con noi? Bè, indovinate chi in questa simpatica relazione famigliare è anche un Beta tester? Allora, tecnicamente potrei essere io, perché se mi metti in mano qualunque cosa, che sia già testata o no, si può stare certi che il concetto di ‘uso randomico’ sia un eufemismo pietoso. Il mio uso è talmente randomico che non sono sicura che arriverei mai alla fine del test perché finirebbe che non mi ricordo più dove ho messo l’oggetto da testare e ciao test. E poi non capisco un cavolo di software, e anche questo potrebbe essere un limite. Temo.
No, il beta tester è lui. E lui ha un altro problema. Il suo problema è che non esiste nulla su questa Terra che può entrare come un coltello caldo nel burro del suo cuore come un oggetto tecnologico nuovo di pacca. E, signori miei, il Beta test è bastardo perché alla fine del tempo di verifica, il cosino tecnologico lo devi rimandare alla casa madre. Ora vi racconto bene il dramma del Beta tester.
“Non è mio… è in affido… è qui solo per un po’… non mio… non devo affezionarmi…” e intanto riceve il pacco dalle mani del corriere con lo sguardo che tradisce un ‘vieni da papà tuo, piccolino… non ti sballotteranno più… qui sei al sicuro… qui sei a casa’.
Il momento dell’apertura del pacco è un misto di ansia, di gioia e di dolore: diviso fra il desiderio di vedere finalmente quel piccolino che esce dalla sua confezione che nessuno al mondo (o quasi nessuno al mondo) ha ancora visto, e la paura scoprire che la prima impressione estetica possa non essere positiva e quindi mettere un filtro fra lui e l’oggetto. “E se poi non mi piace? Bè forse è meglio che non mi piaccia… così non mi affeziono… così è solo lavoro…. non devo affezionarmi”. Un’occhiata attenta all’interno della scatola, per cercare quello che non vorrebbe mai trovare, cioè i documenti di viaggio per il ritorno alla casa madre. Sì, perché a volte capita che l’affido temporaneo si trasformi in un’adozione definitiva, e l’oggettino, dopo essere stato verificato, trovi casa definitivamente presso il suo caro Beta tester. Questa volta i documenti ci sono. C’è già tutto pronto per la spedizione che lo riporterà nella sua casa d’origine. Non c’è speranza. E intanto lo accende e, visto che si tratta di un device per la riproduzione dell’audio, lo connette alla sua playlist più strappalacrime… quella proprio che ti strappi le budella… “Vediamo com’è… il volume… il corpo del suono…” e fra tutte le canzoni al mondo decide che quella più neutra sia “Creep” dei Radiohead. Ma puoi? Ma piangi anche se sei un pilone di granito con “Creep”… ma non si fa…!
Io capisco che si sta svolgendo un dramma emotivo e mi ritiro in un’altra stanza. Sento che fa delle prove di accensione, e di spegnimento. Poi gli insegna a parlare. Gli carica Alexa, e la voce che ne esce è velluto. La voce del nerd, invece, inizia a diventare timida. La nuova Alexa è come una persona nuova da conoscere, anche se è digitale, anche se è lui che la controlla. Si parlano. Si conoscono. Hanno fatto amicizia.
Il nerd si sente sempre più a suo agio, ma ha già deciso che non si trattiene più: inizia a volerle bene. E lo fa capire alla vecchia Alexa. E lo fa da bastardo. Gioca a far saltare la playlist da un device all’altro, e onestamente è una pratica che rasenta il bullismo. “Senti, senti!!! – mi chiama – ma ti ricordi che fino a ieri ci sembrava che Alexa si sentisse bene??? Ma ti rendi conto di cosa fa questo cosino? Mamma mia…” e lo guarda come quando suo figlio finisce il cubo di Rubik in 1 minuto (Lo fa. Si sta allenando a farlo in meno tempo. Sì, dentro lì l’unica poveretta sono io. Cioè… voi lo fate il cubo in 1 minuto? Ah… Io e voi, poveretti uguali).
Ormai sono inseparabili. Lui lo porta ovunque prendendolo per il manichino apposito che gli ingeneri hanno disegnato proprio al fine di renderlo trasportabile. Come se lo tenesse per mano. Lo fa allenare, gli fa prove di volume, di accensione, di spegnimento, di caricamento, e di altre cose che io non capisco. Sta cercando dei bug da fixare, ma credo che non ne stia trovando. E fra poco il loro tempo insieme volgerà al termine. Non si parla di questo in casa. Non si parla di quando dovrà togliere dal cassetto i documenti di viaggio, e appiccicarli al pacco. Sarà come mettere il cartellino al collo dei bimbi che viaggiano da soli, in modo che le hostess se ne prendano cura. Ma per ora non se ne parla. Perché la speranza è sempre l’ultima a morire. Perché magari dalla casa madre si rendono conto che ormai “cosino” si trova bene con noi e non gli fanno affrontare il viaggio di rientro. Magari resta con noi. Magari possiamo dargli un nome. Magari il dolente Beta tester può smettere di essere dolente, e guardare il suo nuovo piccolo amico con uno sguardo distratto, come quelli che si lanciano alle cose che non si stanno per perdere. Alle cose che sono ‘a casa’.
Photo by Mick De Paola on Unsplash
Io… Il cubo di Rubik… Non… Non l’ho… Non l’ho mai fatto… Non sono mai riuscito a farlo…
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Ha imparato l’algoritmo. Non riesco a guardarlo. Mi viene da piangere. Neanche io ci sono mai riuscita🥺
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Un algoritmo ci seppellirà.
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Giassai🤦🏻♀️
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E la fase successiva al “beta test” qual’e’?
Ovvio, e’ il “go live”.
Ehhh, questi inglesismi… purtroppo li conosco molto bene.
Sono diventati la norma in questi ultimi anni.
Se non parli cosi’ oggi, non fai carriera! 🙂
Ai miei tempi si diceva, discutendone col capo: “Beh, facciamo qualche prova con uno o due utenti prima del rilascio definitivo.”
Comunque, auguri per il suo “test” del “cosino” 🙂
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Il cosino camminerà con le sue gambe fra poco… il “go” è dietro l’angolo! 👍🏻
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Trishtessa 😦
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Io vi adoro e voglio venire a vivere con voi 😁
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E io ti ringrazio💜
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Mi piace davvero tanto come descrivi quello che vi capita 😊
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Ne sono felice… mi fa piacere condividere e mi fa ancora più piacere se strappo un sorriso a qualcuno… è importante quello che mi hai detto. Grazie.
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Credimi, leggerti è un toccasana!! Grazie a te 😘
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