Oggi parliamo di musica, ma non quella che immaginate.

 

Quando il mio nerd mi ha detto che stava ascoltando un po’ di musica elettronica, io non avevo idea di quello che stavo per scoprire. Partiamo dal presupposto che io non sono una grande esperta di musica, di quella dell’ultimo secolo e mezzo, quantomeno. Quando i miei compagni di classe ascoltavano la musica degli anni ’80 e ’90, e si facevano una cultura musicale contemporanea, io raccoglievo le mance di Natale, Pasqua, compleanno, onomastico (pure quello) e festività locali varie per acquistare le audiocassette (volevo farmi male, e ho scelto volontariamente la parola ‘audiocassette’. Oggi è così: masochismo dilagante) delle opere di Verdi, di Puccini e di Mozart. Non lo dico per fare quella colta, perchè allora non c’era niente di bello nell’essere quella che non sapeva mai i nomi dei cantanti in classe, e nel non avere nessuna idea del motivo per il quale le mie compagne preferissero Simon Le Bon a Tony Hadley. Chiaramente, per poter intervenire in qualche conversazione mi ci sono messa di punta e ho recuperato (tanto da decidere che io preferivo Tony Hadley a Simon Le Bon), ma quella cosa lì non è mai stata roba mia. Ho scoperto i Queen oltre il tempo massimo della scomparsa di Freddy Mercury, e se non ci fosse stato un mio compagno del liceo che mi obbligava ad ascoltare i Simple Minds registrandomi le cassette e nascondendomele nello zaino, io non avrei uno straccio di ricordo musicale riferito a quegli anni. Per questo, quando il mio nerd mi ha detto che stava ascoltando delle musica elettronica, mi sono venuti in mente i nomi di gruppi che ho imparato a livello enciclopedico, ma niente di più…

“Chi stai ascoltando?” – chiedo io, ingenua. E mi aspetto, che ne so, i Daft Punk anche se non so perché e soprattutto per il fatto non mi viene in mente altro, ma penso anche che non c’è una possibilità al mondo che lui stia ascoltando i Daft Punk, direi…

“Ma non è proprio musica elettronica…  – commenta lui – è TIPO musica elettronica… cioè… non ci sono le persone…” Capito. Mi avvicino. Fammi vedere. Dai, fammi vedere. Fammi. Vedere.

Ed è così che ho scoperto il Floppotron.

Solito discorso: se lo conoscete già, a posto così. Ma io giuro che una cosa così non l’avevo mai vista. E soprattutto mai sentita.

Il Floppotron è in sostanza uno strumento musicale. Quando gli antichi inventarono il tamburo, o gli strumenti a corda, o la tromba, fecero la stessa cosa che ha fatto uno studente di ingegneria intorno al 2011 nelle lontane terre di Polonia, e cioè presero oggetti di uso comune, e ne scoprirono le potenzialità musicali. Poi li adattarono, e ne fecero uscire i suoi meravigliosi che oggi noi chiamiamo ‘musica’ e che, messi insieme, fanno un’orchestra.

Ecco, Pawel Zadrożniak, che poi è lo studente di cui sopra, e che ora non è più studente ma è un ingegnere fatto e finito, ha fatto la stessa cosa, solo che lo ha fatto con i floppy disk. Anzi con i lettori dei floppy disk. È una cosa che fa andare il cervello in pappa. È un’esperienza sonora assurda. Provate Bohemian Rapsody con il Flappotron, vi prego. Qui ha usato anche un modem per fare il controcanto. Decine di floppy programmati al millimetro, modem, scanner, stampanti che, insieme, fanno un’orchestra. Sul “nothing really matters….” che chiude con lo scanner, ho avuto la pelle d’oca… PELLE D’OCA.

E’ Pawel stesso a raccontare la sua storia, nel blog relativo. I primi post sono in polacco, quindi sorry… Poi gli viene l’idea di scrivere anche in inglese, e così sappiamo che tutto inizia nel 2011, alla fine dell’estate. Pawel ha appena finito la sessione degli esami di settembre, da quel secchione che è (nerd, maybe? ahahaha). Si annoia, e si annoia al punto da iniziare a smanettare con qualcosa di veramente inutile, come dice lui stesso. Perché, come sanno bene le nerdwife, il nerd smanetta solo con le cose inutili, e poi crea dei capolavori, perché se una cosa è utile è da umano del contado (gente che si sporca le mani, per capirci), se invece è davvero inutile scatena la loro irrefrenabile curiosità.

Insomma, il nostro giovane Pawel si annoia e per ingannare il tempo inventa questo e pensa di testarlo su un brano di Mozart. Mi è polacco, e Mozart lo conosce… anche se posta il video scrivendo Mozzart, con due ‘zz’… mortacci sua… Magari in Polonia lo pronunciano più tosto che da noi… chissà…

Come ogni nerd che si rispetti, si scusa per la banalità del suo lavoro, che tutti saprebbero fare (certo, come no!), e ammette che non c’è niente né di nuovo né di difficile in ciò: il suono viene dalla testina magnetica mossa da un motore a passo 1, no? Evidentemente, aggiungerei io!  NO?

Cioè, se io penso al concetto di ‘passo 1’ al massimo mi viene in mente una tecnica di ripresa tipo ‘stop motion’, ma è vero che faccio tv quindi non vale. Se invece non penso al lavoro, il passo 1 è il vuoto del nulla.

Detto questo, già dal primo esperimento il nostro Pawel intuisce che ci sono in delle potenzialità in questa cazzata inutile (“Useless”, parola sua;  “Cazzata”, parola mia, ma approverebbe) che sta creando, e si auto lancia una sfida: “Now it’s time to call some older buddies (5,25′ or 8′ drivers) and make an orchestra!”, e l’ha fatto.

La cosa che più mi fa impazzire di questpo strumento è che, attraverso la sua creazione,  Pawel abbia elegantemente sfatato uno degli stereotipi più classici sui geek, e cioè che siano amanti sfegatati della tecnologia del futuro, dell’ultimo modello di qualcosa, della versione “più updated” del software. Niente di più sbagliato. Quello è il mondo dei “wannabe geek”, cioè degli ‘sboroni’ digitali. Il vero geek, o nerd che sia, ama la tecnologia per la tecnologia, punto. È la perfezione della sua ‘meccanica’ ad affascinarlo e non importa di quale tempo sia. E qui sta il genio: Pawel ha preso tecnologie superate, totalmente destrutturate nei moderni devices, e ne ha fatto qualcosa di nuovo.

Poco tempo fa, il mio nerd mi ha fatto la richiesta del regalo per la vecchiaia: “Quando sarò abbastanza libero, mi regali un orologio da montare? Ma da montare da zero. Voglio vederlo nascere.”

Il piccolo genio del male polacco, di recente ha iniziato ad aggiungere i testi per il karaoke, in modo da cantare sulle sue basi, e lo ha fatto con i caratteri e la grafica dei vecchi computer… con il cursore a barra che lampeggia… quello che si usava per scrivere sui vecchissimi monitor (se siete nativi digitali non l’avete mai vista: prima delle icone, bisognava scrivere sul video quello che si voleva fare C: qualcosa…). Impossibile resistere.

Il tema della sigla di “Game of Thrones” suonata con il Flappotron, è la cosa più nerd che abbia sentito in tutta la mia vita. Sublime follia. Genialità allo stato puro. Ipnotica, con le luci dei floppy che lampeggiano, i riflessi sui CD (o quello che sono), e i movimenti ritmici dei motorini (credo siano): se andate sul suo canale You Tube prendetevi del tempo perché da lì non si va via facilmente. Si inizia con un classico nerd senza tempo: “Tanto tempo fa… in una galassia lontana lontana…” e poi addio…

Chissà cosa ne avrebbe detto Stockhausen…

 

Photo by Simon Noh on Unsplash

5 risposte a "Oggi parliamo di musica, ma non quella che immaginate."

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  1. Vecchiaia = quando avrò tempo: marvellous.
    Poi me li sento tutti, uno via l’altro. Già di mio mi schiodo difficilmente dallo schermo, ma se mi preannunci una catastrofe con necessità di pannolone, allora…
    … confesso che anch’io mi sono emozionata leggendo “musica elettronica”. Evidentemente non sono ancora abbastanza svezzata alla nerditudine! 😅 Chissà che mi pensavo, i sempreverdi Kraftwerk o gli Einstuerzende Neubaten?!
    Buona domenica floppotronica ❤

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