Ripropongo questo post che avevo scritto in quarantena. Così… mi faceva piacere…
La Nerdwife, oggi, partecipa a una iniziativa molto, ma molto figa ideata da una sua cara amica, che ha un blog bellissimo dal titolo “Donne in movimento“, e ha pensato di raccogliere le storie di donne in quarantena, cioè tutte, cioè noi. E siccome la varietà è una gran bella cosa, e siccome qui di Nerdwife ci sono solo io (che scrive, almeno, perché di vere nerdwives ne scopro di più ogni giorno che passa), ho pensato che il punto di vista di una reclusa con un nerd avesse il suo senso.
Un posto vicino a Milano, Lombardia. Allora, ragazze… non userò questo spazio per raccontare quello che facciamo tutte in questi giorni, perché è tragicamente vero che stiamo facendo tutti le stesse cose, con proporzioni diverse, e con soddisfazioni diverse. Non si esce, quando capita si fanno file, se abbiamo la fortuna di non avere nessuno coinvolto con il virus riusciamo a preoccuparci perché stiamo ingrassando, ci sale la lacrima all’udire le sirene, e via così… fill the blanks…
Ma chi è rinchiuso in coppia con un nerd come il mio sta vedendo cose che voi umane… Qui non c’è tempo per farsi venire le ansie: qui c’è da schivare le sue trappole mortali, perché, ragazze, questo ha un casino di tempo per pensare, e se pensa troppo, questo fa danni… e i danni spesso comprendono il fatto che voi diventiate le cavie per i loro esperimenti surreali.
Facciamo che ve ne racconto uno, così sono più chiara.
Un pomeriggio a caso, tanto sono tutti uguali. Forse al mattino ho fatto una call. Forse ho lavorato un po’ di ore. Forse ho scritto anche qualcosina. Forse ho fatto su e giù dal cortile per portare la plastica e poi il vetro, così faccio due viaggi. Forse mi sono ripromessa di non cenare questa sera, così contengo i danni. Forse nessuna di queste cose. Sta di fatto che per arrivare a sera mancano ancora davvero tante ore. No, io non sono una virtuosa del mocio, odio fare decluttering, e invece adoro, a volte, sprofondare negli abissi della inutilità umana, così, per vedere fino a dove si può arrivare. E, come se lo avessero sempre saputo, quelli di Disney Plus hanno deciso di attivare il loro canale proprio in questi giorni, riversandomi addosso uno tsunami di titoli che urlano: “Non ci provare neanche a fare finta… qui devi venire!”
Io, che ho sempre saputo di non avere un carattere assertivo, cedo alla tentazione con estrema facilità. Ma estrema estrema, proprio… Dovrei immaginarmi un dott. Nowzaradan della tv, che mi venga a cazziare ogni volta… non è una brutta idea, in effetti.
In ogni caso, mi incastro nel divano e scelgo “Cenerentola” anche se, per fingere un barlume di autostima, scelgo quello “live” con la regia di Sir Kenneth Branagh, che mi è sempre un allievo di Laurence Olivier e ha la sua porca credibilità.
Lui, il nerd, tace. È rinchiuso nel suo antro e nessuno al mondo può sapere cosa stia facendo. E francamente, nessuno al mondo vorrebbe penetrare quel muro di silenzio (figuriamoci io) perchè non si può mai sapere cosa ci sia al di là dell’orizzonte degli eventi.
Io, bella serena, copertina, cane incastrato fra le ginocchia, film iniziato: ma chi m’ammazza? Il problema arriva nella scena della fata madrina. Tra l’altro, ammettiamolo, l’unica scena per la quale “Cenerentola” esiste. La scena che È “Cenerentola”. Quella gran culo di Cenerentola, aggiungerei… Ecco cosa succede. Io sono lì, rapita dalla trasformazione della zucca in carrozza, estasiata dai topolini che diventano cavalli e dalle lucertole che diventano valletti e aspetto solo una cosa al mondo: il vestito. Il respiro è rallentato, il corpo sta prendendo la rincorsa per esclamare il “ohhhh” di rito all’apparire della gonna ‘color del cielo’, e la fata madrina ha già iniziato la formula magica, quando all’improvviso: buio. La tv si spegne. Così. Da sola.
Io che infamo il mio cane reo, a mio giudizio, di aver schiacciato il telecomando senza accorgersene, nel sonno. Ma no. Il povero Bruno, svegliato in malo modo, mi guarda con gli occhioni umidi ed è evidentemente innocente: il telecomando è sul tavolino. Cosa può essere? Internet che è andato? Qualche problema di sovraccarico? Disney che è esplosa? Bè, abbiamo un espertone nella stanza accanto: chiediamo a lui!
“Amor! amoooor!!!! Vieni un minuto? Qui è successo qualcosa… vieni per piacere?”. Lui arriva, scocciato ed annoiato dalle mie esigenze filmiche, e inizia a smanettare.
“Fa vedere – inizia – mah… sarà stato un calo di segnale… asp… ok, adesso dovrebbe andare…”. Io manco lo ascolto quando mi dà le sue spiegazioni. Che diavolo sarà un calo di segnale? Ma non è connessa a internet? Boh… funziona… chissene… E ricomincio a sprofondare nel divano.
La fata madrina ricomincia. La bacchetta magica inizia a lanciare stelline, la musica diventa sognante e il vestito comincia a cambiare colore, svolazzando… che meravigl… ma che cazzo! Ancora! Buio! La tele si spegne ancora! E allora mi vuol fare incazzare!!!! “Amor!!!” Ora il tono è un filino più secco, del tipo: “Allora, la aggiustiamo questa baracca o no? Cosa ce l’ho a fare un super genio in casa, se poi devo risolvere tutto io in questa casa!!!!” “Amor!!! Dai, cazzo, vieni… ma possibile???”… e mentre dico queste parole, mi accorgo di due cose:
1 – lui si sta avvicinando da dietro strozzato da una risata satanica
2 – in tv sono apparsa io, ripresa da dietro la nuca, con un effetto di “gioco di specchi” che Esher mi spiccia casa
Tre secondi per connettere i neuroni, e poi mi esce dal cuore un “sei stato tu!” che risuona nella stanza, ripreso dalla camera nascosta piazzata sul tavolino dietro di me, e rimandato con un effetto eco all’infinito nell’immagine nella tv.
Una cosa da far venire la pelle d’oca. SEI STATO TU! Sei stato tu! sei stato tuuuu… sempre più basso e più metallico… Giuro, da far rabbrividire…
Lui ride, che ancora un po’ si sente male. “Perché, amor… perché mi fai questo? – chiedo io, ma non arrabbiata… ormai lo conosco… lo rifarà… è più forte di lui… – Cosa ti ho fatto di male? Perché vuoi farmi venire un infarto?”. E lui: “Ma no… È che volevo testare il nuovo servizio di streaming di GoPro, e… tu eri lì… e la tv era lì… e… ” e poi mi ha spiegato qualcosa riguardo al fatto che è entrato nel software della tv, ha fatto qualcosa al segnale, ha sovrapposto quello dello streaming a quello che stava trasmettendo, e mi ha mandato in onda invece del film. E la fata madrina, muta!
A quel punto potevo soltanto fargli giurare (per quel che vale) di non aver piazzato altre trappole in giro per la stanza, e di permettermi di finire di vedere lo stramaledetto film, e poi sperare che mantenesse la parola. Chiaramente, mi sono guardata alle spalle per tutto il tempo: a un certo punto è arrivata la scarpina di cristallo, lui ha riconosciuto lei e buona notte ai suonatori.
Voi capite che questa quarantena deve finire al più presto possibile?
Voi capite che non ho molte possibilità di arrivare sana di mente alla fine di questo periodo?
Capite, vero?
Nel blog Donne in movimento, ci sono altre storie legate con il filo rosso di #donneinquarantena. Lì trovate anche la mail per inviare le vostre esperienze, che potrebbero essere pubblicate nell’ambito di questa bellissima iniziativa. Le mettiamo tutte insieme e fra un po’ le guarderemo come si guardano le foto da ragazze, che un po’ ti fanno venire il magone, e un po’ ti fanno pensare “ma veramente ero quella persona lì?”. E giù a ridere!
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